Dart è arrivato una mattina.
Ha detto: “Sono fuggito dal Regno di Non-C’è-Più.” Poi è svenuto nel bidet.
Ha dormito un giorno intero nel bagno, quello piccolo, dove non va mai nessuno.
Quando l’ho portato in camera, ha trovato immediatamente la strada: secondo scaffale a sinistra, questo è il cammino, e poi dritto fino al libro de I tre moschettieri. Si è appoggiato alla costa e ha iniziato il suo racconto.
“Agnese non è una bambina semplice”, questo aveva sentito dire un giorno le maestre alla mamma. E Agnese ci aveva creduto. D’altronde cosa poteva esserci di semplice in una persona resa confusa fin dalla nascita a partire dal nome che le era stato dato?
Quando la mamma la chiamava e lei tardava a presentarsi, la donna non mancava mai di esclamare: –“La venne, finalmente! Con un gran cavolo sotto il braccio.”, confondendo i personaggi nell’opera più amata (talvolta) e più temuta (molto spesso) del repertorio scolastico.
Non che Agnese avesse davvero un cavolo con sé. Era un gioco tra loro che però non mancava mai di ricordarle l’ambiguità del suo esistere.
Chissà perché la mamma aveva voluto darle proprio quel nome se poi la associava a un altro personaggio del suo libro preferito.